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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 131 - 1 Luglio 2016 | 0 commenti

Hopper a Bologna

Hopper a Bologna

C’è ancora tempo fino al 24 luglio per vedere la splendida mostra su Hopper a Palazzo Fava, dove fu ospitata la celeberrima “Ragazza con l’orecchino di perle” in via Manzoni 2, trasversale di via Indipendenza nel pieno centro della città felsinea.

Qualcuno lo ritiene un narratore di storie e chi, al contrario, l’unico che ha saputo fermare l’attimo – cristallizzato nel tempo – di un panorama, come di una persona. È stato lo stesso Edward Hopper (1882-1967) – il più popolare e noto artista americano del XX secolo – uomo schivo e taciturno, amante degli orizzonti di mare e della luce chiara del suo grande studio, a chiarire la sua poetica: “Se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.

La mostra è stata prodotta e organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae. Musei nella Città e ArthemisiaGroup in collaborazione con il Comune di Bologna e il Whitney Museum of American Art di New York e curata da Barbara Haskell, curatrice di dipinti e sculture del museo americano, in collaborazione con Luca Beatrice.

Viene presentata una panoramica dell’intero arco temporale della produzione dell’artista, dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni ‘50 e ’60, attraverso più di 60 opere, tra cui celebri capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (Secondo piano al sole, opera che fa da manifesto) (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (forse quella che ho apprezzato di più perché mi ha dato uno scorcio della vita del tempo) (1909), Summer Interior (1909), interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941) che celebrano la mano di Hopper, superbo disegnatore: un percorso che attraversa la sua produzione e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.

Il Whitney Museum ha ospitato varie mostre dell’artista, dalla prima nel 1920 al Whitney Studio Club a quelle memorabili del 1960, 1964 e 1980. Inoltre dal 1968, grazie al lascito della vedova Josephine, il Museo ospita tutta l’eredità dell’artista: oltre 3.000 opere tra dipinti, disegni e incisioni.

Molto curiosa alla fine della visita la possibilità di farsi scattare una fotografia come protagonisti di una delle opere più pregevoli (il già citato Secondo piano al sole) leggendo il giornale di fronte alla signora che si abbronza.

Se si desiderano maggiori informazioni pratiche si trovano nel sito

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