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Scritto da nel Numero 136 - 16 Dicembre 2016, Politica | 0 commenti

Libido da Prima Repubblica

Libido da Prima Repubblica

 

La nostra cara vecchia Carta costituzionale ha retto all’assalto del renzismo e alle modifiche al funzionamento del Senato e questo successo, al momento, sembra segnarne un’ulteriore permanenza a tempo indeterminato. La scommessa di Renzi di poter contare su un’opinione pubblica schierata maggioritariamente per la razionalità minimal della riforma è fallita e con essa la possibilità di sbarazzarsi del ceto politico avverso: rottamazione fallita. La sua maggioranza nell’opinione pubblica, se esiste, è al più relativa e non assoluta.

Ora la sfida è tra la grande forza tranquilla delle nostre procedure parlamentari, la loro capacità di assorbire i mutamenti esterni, morto un Governo di farne un altro per affrontare le scadenze del Paese e chi, nella tradizione del miglior berlusconismo d’assalto, chiede elezioni anticipate e chiama illegittimo il Governo della Repubblica. E’ evidentemente bizzarro che chi sostenga di aver difeso la Carta non si vergogni di utilizzare a sproposito il termine “illegittimo” per il Governo repubblicano: la realtà del quadro politico attuale che si mostra e non si dimostra impone alle forze politiche di misurarsi con una massiccia esistenza di posizioni irrazionali, incoerenti rispetto alla realtà formale, solleticate dalle forze politiche “anti-sistema” attraverso i nuovi strumenti digitali. Nulla a che vedere con quel ruolo di filtro, intermediazione e guida che i partiti del dopoguerra seppero condurre per decenni incarnando nei fatti lo spirito del biennio costituente ora citato come totem ma disatteso nei fatti.

Saprà la nostra Repubblica reggere la sfida della democrazia digitale, intesa come moderna forma oclocratica di disintermediazione e di deresponsabilizzazione? I due schieramenti sembrano non condividere un alfabeto comune. La politica della post-verità, dove i fatti contano meno delle emozioni suscitate, squarcia il velo sulle forme con cui il mondo digitale plasma le nostre coscienze e i meccanismi decidenti, su quanto la formazione civile e politica possa essere in grado di affrontare le sfide, su quanto scivoloso si stia rivelando il passaggio del testimone verso le nuove generazioni.

Sta cambiando il paradigma, l’abc logico su cui maturano le scelte. Falliti i partiti, con la loro complessità e i loro riferimenti storici e ideali, il dogma verso cui ci sta portando il piano inclinato della Prima Repubblica e mezzo è che i politici siano tutti ladri e che pertanto la politica vada negata, rifiutata e combattuta. La spirale che s’ingenera è micidiale: le diffuse giovani migliori intelligenze ben si guardano dall’avvicinarsi alla cosa pubblica, la corsa al ribasso degli stipendi rende il lavoro da parlamentare meno conveniente di quello più sicuro e sereno di dirigente d’azienda (o quello di Sindaco di Comune rispetto a quello di impiegato) e porta con sé una sostanziale deresponsabilizzazione degli eletti e una nociva sclerosi del processo legislativo e politico.  La sfida sul piano mediatico si gioca tra i media tradizionali ancorati in qualche modo  a una qualche forma razionale e formale e gli hashtag lanciati dai troll della rete, dai profili fake dei social network e dalla destrutturazione del consenso. In questo contesto fantapolitico, la battaglia per il potere diventa totale e l’aspettativa del cittadino utente assomiglia più all’attesa del nuovo sparatutto della playstation che ad un esito elettorale normale. La realtà sociale, d’altra parte, offre ai partiti politici l’occasione di ricostruirsi a partire dalla realtà sociale del lavoro, dove le sfide della globalizzazione arrivano sulla pelle dei migranti e dove le scelte politiche toccano la carne viva e la realtà.

Difficile fare previsioni, ma sotto molti punti di vista è una corsa del gambero. Se da un lato la politica tradizionale è scivolata lontano dalla rappresentanza incisiva degli interessi reali e si è auto-mutilata delle ragioni forti del ruolo dei partiti e dei corpi sociali, il nuovo che avanza potrebbe rischiare di infilarsi nelle trame di chi crede che fare la rivoluzione sia a portata di joystick. Ciò che rimane della post-politica dopo che ne è stata minata la credibilità e l’affidabilità nulla può per essere in effetti incisiva rispetto al lavoro quotidiano dei professionisti che operano negli enti, nella burocrazia, nei Tribunali, negli organismi internazionali i quali, semplicemente, se un Parlamento legifera male disapplicano la norma controversa in base a un comma precedente.

E’ questa la libido da Prima Repubblica, che data già per morta e sepolta da decenni si mostra ancora viva e vegeta, sorridente e sorniona, come chi tutto sommato ne ha viste di peggiori e sa che in questa lunga partita di poker l’ultima mano è ancora là da venire. Che sia un’araba fenice, la nostra Repubblica italiana.

 

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