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Scritto da nel Numero 150 - 1 Aprile 2018, Politica | 0 commenti

A proposito di quote rosa

A proposito di quote rosa

Lo scorso 23 marzo ha preso il via la diciottesima Legislatura della storia repubblicana. Al momento non è dato sapere se si arriverà o meno alla scadenza naturale – ovvero al 2023 – nelle diciassette precedenti infatti, solamente nove di queste hanno tagliato il traguardo quinquennale. Dati alla mano, questo è il parlamento più rosa dal dopoguerra ad oggi: le donne elette sono il 34,62%. Record assoluto. Tale risultato però è dovuto anche alla legge elettorale in vigore il c.d. “Rosatellum” il quale dispone che, nelle relative liste, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%. Il meccanismo di elezione, previsto per i collegi maggioritari uninominali e nei riguardanti listini bloccati del proporzionale, non ha aiutato a rispettare il minimo sindacale del 40 a 60 ma in confronto alle precedenti tornate, in quella appena trascorsa ad esempio la percentuale si attestava poco sopra al 30%, si è fatto un piccolo ed importante passo avanti. Insomma non sarà andata benissimo, ma poteva anche andare peggio. Stando a questi dati la situazione non può che migliorare anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, del resto per vedere la prima donna in un dicastero abbiamo dovuto aspettare il 1976 quando la staffetta partigiana Tina Anselmi andò a ricoprire la carica di Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale. Nelle ultime elezioni del Parlamento Europeo, tenutesi nel maggio 2014, le donne elette sono state il 37% anche qui un trend in costante crescita, se pensiamo al 35% di elette nel 2009, al 31% del 2004, al 30% del 1999, sino ad arrivare allo striminzito 16% delle prime elezioni di eurodeputati un’era geologica fa, nel lontano 1979. Per quel che concerne i singoli stati europei al primo posto troviamo l’Islanda, una vera e propria isola felice, che oltre ad annoverare una donna in qualità di primo ministro Katrín Jakobsdóttir (nella terra dei ghiacciai per il gentilsesso il ghiaccio lo aveva rotto Jóhanna Sigurðardóttir nel 2009, fra l’altro leader capace di far uscire il paese dalla crisi senza applicare politiche di Austerity) ha una percentuale di deputate che si avvicina al 50%. Basta semplicemente collegarsi al sito internet del Parlamento islandese ed il gioco è presto fatto. Si fa sul serio anche nelle non distanti Svezia (43,5%) e Finlandia (42,5%). Ora, tralasciando vari “studiosi” che sul tema nutrono dubbi di costituzionalità, è evidente che le quote rosa possano portare per certi versi ad alcune discriminazioni e che la questione di genere non possa certo essere risolta con criteri meccanicamente quantitativi ma, dati alla mano, nell’ultimo periodo sono stati fatti alcuni passi avanti. Credo occorra continuare su questa strada.

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