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Scritto da nel Numero 155 - Autunno 2018, Politica | 0 commenti

Il dualismo di una Rivoluzione

Il dualismo di una Rivoluzione

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Ascolta l’intervista di Radio Arengo a Enrico Maria Pedrelli, nuovo segretario della Federazione giovanile socialista

 

“Con il Congresso si è conclusa una lunga maratona, che ci ha affaticato tutto quest’anno e soprattutto l’estate, ma sono molto contento e onorato di essere stato eletto a questo ruolo. Il mio profondo ringraziamento va a chiunque ha dato il proprio contributo all’operazione: chi all’evento, chi alla mozione, chi con sempre buoni consigli. Darò tutto me stesso per essere all’altezza delle grandi aspettative”.

Lo afferma Enrico Maria Pedrelli, eletto segretario della Fgs nel Congresso del movimento giovanile socialista che si è svolto lo scorso fine settimana presso la sede del Partito a Roma.

A proposito della tua mozione: colpisce subito la veste grafica, e la lunghezza…
Secondo me la veste grafica rende la mozione una vera e propria esperienza estetica, in linea con quello che diciamo debba essere il tenore dell’azione della FGS: offire esperienze di valore, in grado di lasciare un segno. Lo stile è il vaporwave – l’arte dell’internet io la chiamo – e tutto è il frutto della creatività del compagno Camillo Bosco, che ringrazio. Sulla lunghezza, circa 80 pagine, dico subito che è da prendersi come un ritorno alla normalità. Non si capisce perchè, in un’epoca in cui i problemi si fanno sempre più complessi – e lo ammettono tutti! – però poi si risponde con i documentini pieni di slogan e di ovvietà; e tanti propositi! Noi invece nella nostra mozione prendiamo il toro per le corna su diverse questioni, che in genere vengono sempre rimandate con un “dobbiamo approfondire…dobbiamo renderci conto…dobbiamo discutere” e bla bla bla.

Di che tipo?
Tema principale è la tecnologia: noi oggi viviamo una rivoluzione che non è semplicemente tecnologica – come ce ne sono state altre – ma è informatica. E questa rivoluzione informatica, la quarta rivoluzione, sta cambiando tutto: fin’anche il nostro modo di concepirci come uomini. E allora noi abbiamo provato ad indagare questi cambiamenti: abbiamo parlato di internet, di ICT, del loro funzionamento e delle sfide che ci pongono di fronte – che sono soprattutto di natura etica; abbiamo parlato di OGM, in favore della ricerca. L’imperativo è non nascondere la testa come gli struzzi ogni volta che una nuova tecnologia ci pone dei problemi e ci fa paura. D’altra parte però ci tengo a dire che la tecnologia non è mai neutra: ha sempre un padrone. Quando si parla di “benefici per la tecnologia”, sì ok ma per chi? Se vogliamo che essa sia usata a beneficio di tutti i popoli devono allora essere questi i padroni ultimi di essa. Ora invece abbiamo i mandarini del web – quelli che più di un secolo fa avremmo chiamato i padroni del vapore: i colossi dell’informatica che non rispondono a nessun potere, perseguono l’esclusivo interesse di pochi, e dettano le regole di una realtà virtuale in cui ormai passiamo oltre un terzo della giornata.

Fa specie vedere un documento politico che parla di temi moderni, ma che si intitola “Nel tempo di Giano”: un dio antico dalla doppia faccia, che presidia i confini…
Perché la tecnologia ha per definizione questa natura: essere tra. Per esempio, un paio di occhiali sta tra l’uomo e la natura; e ha dunque due facce – una che guarda all’uomo e una che è collegata con il resto. Oggi però siamo circondati da un tipo di tecnologia che sta tra tecnologia e altra tecnologia, e della quale non conosciamo entrambe le facce: non sappiamo che cosa faccia un algoritmo – l’istruzione in codice macchina che decide cosa vediamo sullo schermo, e che ci tratta tutti diversamente – o più banalmente non sappiamo se siamo spiati attraverso la webcam oppure no. La tecnologia è dunque Giano, col suo concetto di dualismo: può essere buona o può essere cattiva. E noi dobbiamo aggredire la conoscenza di queste due facce, la quali invece sono ben custodite nel tempio: dove una casta sacerdotale di tecnici lavora al servizio dei nuovi imperatori. La metafora è questa!

I giovani socialisti a Roma: perché questa scelta?
Perché abbiamo voluto dare un segnale forte, sia al mondo politico sia al Partito. Siamo scesi in piazza in occasione della manifestazione nazionale per la privatizzazione di autostrade, esibendo – davanti all’incredulità generale – le nostre bandiere, i nostri canti, e un’enorme bandiera tricolore con il garofano. Rappresentavamo una cultura politica che, proprio attraverso una oculata politica di industrie di stato e interventi pubblici, ha reso l’Italia la quinta potenza economica mondiale negli anni ‘80. Poi chi ci ha fatti fuori politicamente, si è preoccupato di svendere tutto il nostro patrimonio e lasciare la nostra generazione senza niente. Noi abbiamo fatto vedere che ci siamo ancora e siamo in buona salute! E poi non a caso eravamo nella sede nazionale del PSI. Ci teniamo a farvi notare che i giovani socialisti sono organizzati, in forze, non si lasciano ignorare facilmente e tengono alla loro autonomia.

A proposito di autonomia. La prima giornata congressuale ha visto la nomina di Riccardo Nencini a “Garante del Patto Federativo tra FGS e PSI”. Ci spieghi questa scelta?
Devo dare atto al compagno Niccolò Musmeci di aver per primo osservato che dovevamo consolidare e istituzionalizzare meglio i rapporti con il Partito e dunque con il Segretario Nencini. Ne abbiamo parlato e abbiamo preso questa decisione in accordo con l’allora Segretario Sajeva. L’abbiamo voluto ringraziare del lavoro svolto fin’ora, perchè è stata una fatica non scontata per tenere in vita la comunità socialista dopo tutto quello che è successo. Io lo dico perchè se oggi qualcuno fa tanti applausi ai giovani socialisti è perchè prima di tutto esiste un partito che si chiama Partito Socialista Italiano.

Quali sono gli obiettivi della FGS ora?
Fare politica in due direzioni. La prima: crescere e moltiplicarsi. Per crescere intendo fare formazione a quella che dovrà essere una nuova generazione di socialisti; forte, preparata, e pronta ad essere classe dirigente. Per moltiplicarsi intendo ovviamente aumentare il nostro numero; a tal proposito dico che voglio una FGS movimentista: che crei del movimento in ogni modo, e che tolga i nostri coetanei da un sonno perenne per farli diventare sentinelle coscienti. La seconda: dare il nostro contributo ideale al movimento socialista tutto. Dobbiamo essere avanguardia, e percorrere vie inesplorate. Il Socialismo oggi ha bisogno di revisionarsi, per risolvere dei problemi storici che sono proprio di teoria innanzitutto. E poi bisogna tornare ad un metodo di lotte internazionaliste: se il capitalismo è globale, il movimento socialista deve agire globale. L’Internazionale Socialista ha questo immenso potenziale, come anche il sindacato internazionale: è triste invece vedere che queste due istituzioni sono invece un deposito di medagliette senza valore.

Ma parli di socialismo populista…
Lo dico e lo ripeto: esiste anche un populismo sano. Faccio tre ragionamenti netti, sperando di non essere equivocato – e rimando alla mozione per chi vuole approfondire. Esiste nel corso della storia un movimento di progressivo allargamento della partecipazione al potere nelle varie sfere della società. Per esempio, le rivoluzioni liberali hanno allargato quello che io chiamo il cerchio del potere nella sfera politico-istituzionale. Noi siamo eredi del liberalismo perché vogliamo fare la stessa cosa nella sfera economica. Esiste una forza sociale esistente che necessita di questo allargamento, e che ha bisogno del sostegno attivo e correttivo del movimento socialista. Lavoratori che vogliono la cogestione, o cooperative vere, o liberi professionisti; o la mia generazione che vuole entrare veramente nel mercato del lavoro. Come dopo le rivoluzioni liberali è stato naturalmente assorbito il concetto di democrazia – che ora permea tutto – così noi dovremo portare al naturale assorbimento quello di libertà sociale. L’idea per cui l’altro non è il limite, bensì la premessa per la nostra libertà. Un ordine di cose maturo e che già esiste, ma è continuamente negato da un pensiero unico egemonico che ci vuole invece tutti in concorrenza. L’individualismo più totale, che afflige con la piaga della solitudine la nostra società. Che rabbia vedere compagni che vorrebbero fare alleanze con chi trova invece ideale questo stato di cose…

Dunque il populismo?
Eh allora il movimento socialista deve farsi espressione di questa forza sociale esistente e dunque deve rappresentare un popolo: più categorie, più esigenze e fasce della società, le quali richiedono delle soluzioni ai propri problemi che possono essere risolte solo cambiando il sistema vigente. Compagni, dobbiamo difendere la democrazia con le unghie e con i denti, ma attaccare brutalmente il capitalismo. Le due cose si possono fare insieme. Trovo difficile la lunga permanenza con chi invece ritiene intoccabili entrambe le cose: gli stessi che magari un secolo fa stavano dalla parte di quei padroni del vapore che dicevamo prima…

Sono due frecciatine al “Grande Assembramento contro i populisti” che si paventa alle prossime europee? Quanto sono compatibili i contenuti della mozione con un progetto del genere?
Poco. Ma attenzione: personalmente non vorrei dare agli italiani l’occasione più ghiotta che hanno mai avuto di mandarci a quel paese tutti in un sol colpo. Le accozzaglie in difesa dell’esistente – perchè al netto dei bei propositi è di questo che si parla, e gli elettori non sono stupidi come si vuol far credere – non funzionano se l’esistente è pessimo. Noi vogliamo che il Socialismo riprenda la forza propulsiva delle origini, per tornare ad essere antisistema in maniera razionale e intelligente; contro la irrazionalità di quei cosiddetti populisti. Questo non si può fare se ci alleiamo con “tutti tranne che con loro”. Però al netto dei sogni, sappiamo bene che non possiamo fare ostruzionismo in favore di scenari per i quali al momento non esistono le condizioni. Dunque nessun veto, ma per quanto mi riguarda la Federazione dei Giovani Socialisti d’ora in avanti si prenderà il lusso di parlare squisitamente di politica.

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