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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 96 - 1 Febbraio 2013 | 0 commenti

Città reali, città intere, reti di città

Città reali, città intere, reti di città

Mettere le mani sulla città è contemporaneamente un bisogno e una tentazione. È sicuramente un bisogno rispetto ai cambiamenti sociali e in relazione alle diverse traiettorie di vita: la città cambia il suo volto e si configura in tanti “centri vitali”, in alcuni casi con dimensioni sovra-comunali, spesso slegati tra loro, con un “centro storico” che accusa un evidente calo di vitalità. È indubbiamente una tentazione crescente che alimenta attese di ricette immediate attraverso rischiose soluzioni “low cost, last minute”, con effetto immediato,  più in sintonia con i tempi del consenso politico piuttosto che con quelli di una visione politica della città e dello sviluppo.

Costruire una visione del futuro e della città, però, è una sfida della comunità e non può essere delegata alla politica o appaltata ai tecnici tout court. La stessa architettura diventa “arte comunitaria” per eccellenza (M. Fuksas), in quanto la buona architettura non è mai frutto del solo progettista e può essere orientata nel senso di “less ego, more eco” (M. Roj) in cui le dimensioni individuali lasciano lo spazio a dimensioni maggiormente collegate alla sostenibilità e alla dimensione collettiva.

Con questo spirito inauguriamo una rubrica quindicinale dove connettere le esigenze locali con alcune traiettorie e opportunità sovra-locali, dove fare incontrare diversi saperi disciplinari – dall’economia alla sociologia, dall’arte all’architettura – e dove immaginare un “Futuro Civile” praticabile e sostenibile per le nostre città.

“Pensare la città” implica l’individuazione di alcune azioni che possono dare la prospettiva al “fare la città”: riconoscere, riprogettare, rifunzionalizzare, ricucire e reinvestire.

Riconoscere fa riferimento alla necessità di costruire una visione di città, a partire dalla conoscenza di dinamiche territoriali e funzionamenti reali che forzano le mura delle città, configurano nuove “città in nuce” (A. Calafati) e sollecitano nuovi livelli di governo.

Riprogettare sfida la politica ad entrare in una logica di coerenza tra i risultati desiderati e le azioni da mettere in campo, attraverso una metodologia europea ormai consolidata.

Rifunzionalizzare significa recuperare le funzioni vitali e identitarie di un oggetto o spazio urbano, riconnettendolo con l’ambiente circostante e con una visione futura del vivere collettivo.

Ricucire è l’antidoto per non pensare la “città a pezzi” (e continuare a farla a pezzi) e rilancia la necessità di ripartire dalle fratture sociali e spaziali delle città, che nel tempo sono diventate più minacciose per l’aumento delle condizioni di vulnerabilità.

Reinvestire nelle città non richiama solo un tema di urbanistica e di finanza, seppure necessario, ma la sfida di modernizzare i servizi, progettare per l’inclusione sociale e rafforzare la capacità di decidere insieme. È così nei Paesi europei che affrontano meglio la questione dello sviluppo.

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