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Scritto da nel Numero 98 - 1 Aprile 2013, Scienza | 0 commenti

Scienza e Vita

Scienza e Vita

La vita  è il fondamento di tutti i beni dell’uomo perché  è sorgente e condizione di ogni attività umana e di ogni convivenza civile.

La vita di ciascuno è un bene di tutti  e tutti diventano  più poveri quando viene usata  violenza ad una sola persona”. [1]

I problemi che scaturiscono dagli attentati quotidiani contro la vita sono molti e sono da imputare, in gran parte, alla mancanza di rispetto per la vita.

Queste criticità sono sotto gli occhi di tutti : il degrado ambientale , il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, le manipolazioni del patrimonio zootecnico e vegetale, l’uso di sostanze nocive che avvelenano l’acqua e “bucano l’ozono”. L’elenco potrebbe continuare. In ogni caso questi problemi, come dicevo,  hanno tutti come matrice la mancanza di rispetto per la vita.

Albert  Schweitzer, premio Nobel per la pace (1952), ha lanciato per primo l’allarme  della mancanza di “Rispetto per la vita”[2]. Rispetto che, secondo l’illustre filantropo francese, si articola su tre dimensioni: la vita fisica, la vita psichica e la vita spirituale della persona. Sono  tre livelli speculari  che tormentano la nostra epoca: la droga, l’alcool, l’uso delle armi, l’intolleranza razziale e religiosa, i fondamentalismi di vario colore.

Il rispetto per la vita si riassume e si esalta nell’impegno  di aiutare l’altro ad essere se stesso. L’atteggiamento di rispetto e di godibilità verso la vita deve essere necessariamente sostenuto ed alimentato da una  corrente di cuore  di partecipazione  di benevolenza verso la vita e la natura.

I grandi soprusi verso la vita, perpetrati  nel secolo scorso ed in quello attuale, hanno ormai incrinato l’ingenuo ottimismo scientista,  germinato nell’epoca rinascimentale, sviluppato  nel secolo dei lumi e  portato a maturazione dal positivismo.

Nell’appassionato dibattito attuale sul tema del rapporto tra scienza ed etica almeno due acquisizioni  appaiono largamente condivise. La prima si può rappresentare con l’allegoria dello “Apprendista stregone”: una volta innescato   il sortilegio può sfuggire il controllo  del processo quando resta assente il maestro stregone. Uscendo della metafora, bisogna convenire che le forze della natura restano ancora oggi in gran parte sconosciute e non si può giocare con esse a proprio piacere, ma si devono trattare con rispetto e grande oculatezza, secondo i principi e le regole che sono proprie della natura, “iusta propria principia” (Telesio).

La seconda verità riguarda il definitivo abbandono della presunta neutralità della scienza. La scienza non è sganciata  dagli altri valori umani; essa, soprattutto quando è applicata, è ambivalente: a volte costruisce  la vita, a volte prepara la morte.

Il filosofo Nicola Abbagnano esplicita in modo efficace questo concetto: “L’uomo dispone oggi più che mai di mezzi indispensabili per fronteggiare i pericoli che la vita presenta,  ma la condizione di successo è l’uso adeguato di tali mezzi …. Si tratta non solo di conoscere le cose, ma di saperne  valutare i limiti e usarle nel modo migliore e più vantaggioso. …. Gli strumenti  che oggi l’uomo possiede si sono enormemente moltiplicati e accresciuti nella loro potenza. Si sono perciò moltiplicate anche le tentazioni di servirsene per il proprio egoismo, per il vantaggio e il predominio personale”.[3]

Nella storia recente e recentissima la scienza e la tecnica hanno dispensato innumerevoli benefici all’umanità, ma hanno portato anche un accumulo inverosimile di soprusi e di  ordigni distruttivi. Occorre avere coscienza di ciò  per agire in modo coerente nel rispetto della vita.

Erick Fromm  afferma che ci vuole  fede per la  vita: “Ci vuole fede per allevare un bambino, ci vuole fede per prendere sonno, ci vuole fede per cominciare qualunque lavoro”.[4]

Un atteggiamento così complesso e costruttivo di amore per vita (la vita propria, quella dell’altro e della natura) dà senso alla vita sia individuale che  plurale. Ma  tale comportamento solidale e prosociale  non è un punto di partenza: è un traguardo e una  conquista  di  impegno  costante.

Su questo impegno convinto e solidale si fonda l’auspicio di un domani  migliore da consegnare ai nostri figli. Un domani che ci trascende, ma che per questo impegno ci appartiene già.

Il poeta francese Paul Celan, che nel 1970 ha voluto  finire i suoi giorni nella Senna, ha scritto: “Ah ! potessimo essere noi senza di noi” [5] Un’ affermazione che esprime un desiderio impossibile, un <non senso> che  nasconde la condanna assurda del poeta. Una scelta funesta che non si può imputare al destino. Tutto è scelta, sia l’amore che il suo contrario.

Potessimo essere  noi senza di noi”.

Non è possibile: la vita in noi ha bisogno di noi.



[1] DONUM VITAE– Edizioni  Paoline.

[2] Albert  Schweitzer, RISPETTO PER LA VITA, Ed. Comunità – Milano

[3] N. Abbagnano, LA SAGGEZZA DELLA VITA – Rusconi, Milano

[4] E. Fromm, L’ARTE DI AMARE, Il Saggiatore, Milano

[5] P.Celan, LA SVOLTA DEL RESPIRO, Parigi, 1967

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