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Scritto da nel Numero 102 - 1 Agosto 2013, Politica | 0 commenti

Certificata l’anomalia della democrazia italiana

Certificata l’anomalia della democrazia italiana

Poco fa, in attesa del caffé davanti al bancone di un bar, un signore mi faceva notare che nella storia italiana contemporanea, il popolo non è mai stato l’artefice della chiusura di una stagione politica. Né con il fascismo (anche se qui il discorso è più complesso e non vuole sminuire, anzi, il sacrificio della lotta partigiana, in fin dei conti all’epoca portata avanti da una  minoranza della popolazione), né con la Prima Repubblica, né ora, con la presumibile fine del ventennio berlusconiano.

Se da un lato la sentenza della Cassazione pone formalmente fine ad un assurda battaglia legale e, di conseguenza, smaschera inequivocabilmente il gigantesco conflitto d’interesse dell’ex Cavaliere, dall’altro mette in evidenza le gravi malattie sofferte dalla nostra strapazzata democrazia. Allorquando deputati, ministri e lo stesso Berlusconi da due decenni anni ed, ora, ancor di più, urlano al golpe ed all’irresponsabilità di parte della magistratura senza temere alcun tipo di reazione seria e puntuale (non le solite sterili lagne) da parte degli altri colleghi e delle istituzioni, si evince che si è al cospetto di una democrazia non consolidata, immatura, persino fragile.

Inoltre, è evidente l’eccezionalità della decisione della Suprema Corte di Roma: quattro giorni di chiusura in Camera di Consiglio per pronunciarsi su una fattispecie, a quanto affermano gli analisti, piuttosto semplice rendono l’idea della difficoltà, per i giudici, di emanare il verdetto. In uno dei più grandi processi anti-mafia, che coinvolgeva 365 imputati, i magistrati della Cassazione impiegarono un giorno in meno in Camera di Consiglio per pronunciare la sentenza definitiva.

Questa pagina importante della storia d’Italia deve invitare quindi, ancora una volta, a riflettere sulla gravità dell’anomalia della democrazia italiana degli ultimi venti anni, che comunque lascerà strascichi pesantissimi anche sul futuro della Repubblica. La classe politica attuale, da destra a sinistra, non sembra ancora in grado di superare questo pericoloso scoglio. Dal 1994 Berlusconi ha fatto di tutto per difendersi dai processi e non nei processi. Insieme ai suoi seguaci e con il consenso di una buona fetta dell’elettorato, ha continuamente delegittimato la magistratura, che è potere indipendente. I rappresentanti della sinistra hanno permesso che tutto ciò avvenisse in maniera naturale, fluida. Il martellamento dei media ha fatto il resto. Il concetto pregno di bieco populismo in base al quale essendo Berlusconi votato da milioni di italiani, in rispetto di questa volontà popolare, è innocente e non condannabile, è diventato vangelo per il centrodestra, che ha perso la sua ragione esistenziale storica.

Al di là delle elucubrazioni e della miriade di commenti che seguiranno, la sentenza della Cassazione ha certificato questa anomalia italiana. L’imputato ha compiuto un grave reato di frode fiscale, accertato in maniera coerente da tutti i gradi di giudizio. Di conseguenza, ciò sanziona il conflitto d’interessi del politico; che, a questo punto è accertato, ha mentito al popolo che ha governato. L’imprenditore che si è fatto da solo: barando. E si è reso responsabile di aver fatto fermare le lancette dell’orologio della politica italiana, attorno a questa bugia, per venti anni. Tutti gli attori della politica di tale periodo hanno fallito miseramente perché non sono riusciti a rendere consapevoli se stessi e il popolo di questa enorme menzogna. La politica aveva il dovere di giungere ad una condivisa interpretazione di questo tipo ben prima della magistratura. A sua volta rallentata dagli ostacoli di furbe leggine approvate dai vari governi dell’ex Cavaliere.

Da qui innumerevoli riflessioni si potrebbero aggiungere. Sul modus operandi «fiscale» di gran parte dell’imprenditoria italiana. Sui colpi inferti dal berlusconismo inteso come fenomeno sociale e culturale (sic) alla coscienza civile degli italiani. Ma anche su un presunto accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi: su alcuni processi può darsi che ci sia stato un eccesso di zelo della magistratura che in altri casi, magari, non c’è stato. Si può dare uno spiraglio anche a questa interpretazione. Ma per quel che riguarda i processi principali che riguardano l’imputato in questione, non si può prescindere dal riconoscerne l’assoluta legittimità. Disconoscere i verdetti significa eseguire un’azione eversiva.

Niente da festeggiare, dunque. Non è il caso di stappare spumanti e urlare di gioia. Un processo si è concluso, legittimamente. Ed ha certificato la grave anomalia della democrazia italiana. E non ripetano la solita manfrina i rampanti giovani democratici (e non solo): si deve sconfiggere Berlusconi nelle urne e non nelle aule di tribunale. E’ una fesseria, il tribunale non ha sconfitto nessuno: ha solo accertato i fatti e sanzionato i reati di un imprenditore. Dimostrino più consistenza intellettuale queste giovani promesse della politica. L’inconsistente e sterile governo Letta non sarà condizionato dalla sentenza: farà solo il corso che sta meritando. Il video messaggio del (nuovamente) leader di Forza Italia, invece, più che una chiamata dei suoi seguaci alla riscossa sembra più un patetico canto del cigno. Si ribadisce: con questo ultimo atto della vicenda processuale berlusconiana, l’anomalia della democrazia italiana è servita in tutta la sua consistenza.

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