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Scritto da nel Numero 124 - 1 Novembre 2015, Politica | 0 commenti

Le vigliacche dimissioni dei consiglieri comunali dal notaio

Le vigliacche dimissioni dei consiglieri comunali dal notaio

Premesso che la vicenda Marino, nel racconto ossessivo dei media, è diventata stucchevole. Perché non può permanere sulle prime pagine di giornali, notiziari e approfondimenti di fronte ad altri accadimenti, ben più gravi ed interessanti, che stanno cambiando per sempre il mondo: crisi ambientali ed economiche, accordi segreti devastanti (Ttip), guerre ovunque (alcune clamorosamente sottotraccia: gli interventi francesi in Africa)  e migrazioni bibliche (che non fanno più notizia ma a proposito delle quali una soluzione seria non è stata proposta).

Ciò detto e senza entrare nel merito dell’operato e delle responsabilità di Marino, la defenestrazione del sindaco di Roma rappresenta un’altra giornata di lutto, l’ennesima, per la democrazia. E spalanca le porte su un metodo che dovrebbe essere ripensato: la caduta dell’esecutivo comunale per mano delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri del civico consesso.

Perché il testardo Marino può avere torto su tutto in questa poco nobile vicenda. Ma ha ragione sul fatto che avrebbe dovuto essere il Consiglio comunale, dopo un dibattito con interventi e dichiarazioni di voto, ad esprimersi definitivamente sfiduciando oppure no il primo cittadino. Invece, la vigliacca scappatoia delle dimissioni firmate dal notaio ha permesso alla maggioranza del Partito democratico, adeguatamente pungolata da componenti della Lista Marchini, di levarsi di torno il chirurgo ligure senza affrontare una franca discussione ed affidandosi a motivazioni piuttosto generiche e fumose quali, ad esempio, «si era rotto il legame fra il sindaco e la città».

E’ un peccato che la capitale d’Italia debba assurgere, ancora una volta, ad esempio da non imitare dalle altre amministrazioni italiane. Anche se, purtroppo, questa vigliacca modalità di mandare a casa sindaco e giunta risulta piuttosto diffusa. La normativa vigente consente al 50 per cento più 1 dei consiglieri comunali di un’amministrazione di mettersi d’accordo nell’ombra, recarsi dal notaio, firmare la proprie dimissioni dal Consiglio e far cadere immediatamente la stessa amministrazione comunale. Senza dover dare alcuna spiegazione.

In una società allergica alle responsabilità a tutti i livelli, dove al confronto personale si preferiscono i messaggi tramite cellulari e social network, questa modalità di far cadere una giunta ha soppiantato la cara e vecchia sfiducia in aula. I consiglieri comunali che intendono far cadere un’amministrazione preferiscono andare quatti dal notaio piuttosto che affrontare un pubblico dibattito e guardare in faccia, in sala consiliare, i propri colleghi da sfiduciare schiaffando loro le motivazioni di una decisione così importante.

In una democrazia compiuta, il Legislatore dovrebbe intervenire sull’argomento: l’unico modo di sfiduciare una giunta dovrebbe essere quello della votazione palese del Consiglio comunale. Ad eccezione, ovviamente, dei previsti casi di comportamento illecito dell’esecutivo.

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