Il fascino discreto del pianeta rosso
Giovanni Schiapparelli avrebbe gioito, un po’ di Italia sta viaggiando verso Marte. La missione ExoMars, cui partecipa anche il nostro paese, sarebbe un sogno per l’astronomo italiano, uno dei padri fondatori del mito marziano.
Il razzo Proton decollato a metà marzo dal cosmodromo di Baikonur in Kazakhstan, sta portando in orbita marziana la sonda Trace Gas Orbiter, che una volta a destinazione sgancerà verso il suolo del pianeta rosso il lander Edm, dedicato proprio a Schiapparelli.
Prima di scoprire i celebri canali, l’ astronomo italiano aveva osservato a lungo Marte. Nel 1863 avanzò l’ ipotesi che le aree scure visibili sul pianeta, che oggi sappiamo essere crateri, fossero coperte da fitte foreste. Questa teoria vegetale resistette quasi un secolo, fino a che le osservazioni ravvicinate delle prime sonde spaziali la smentirono.
L’ idea che il pianeta rosso fosse abitato risale a molto tempo prima delle osservazioni di Schiapparelli. Per trasmettere segnali ai marziani nel 1802 il matematico Gauss propose di tracciare grandi disegni geometrici nella tundra siberiana. Non mancarono altri progetti comunicativi degni della fantasia di Giulio Verne, come accendere colossali falò nel deserto del Sahara o, suggerito nel 1879 da Charles Cros, concentrare il raggi solari sui deserti di Marte con un’ immensa lente ustoria che, opportunamente manovrata, avrebbe permesso di scrivere messaggi sul suolo del pianeta. Per dare un’ idea di quanto nel XIX secolo fosse ritenuta ovvia la presenza di esseri viventi su Marte basta ricordare l’ aneddoto del Premio Guzman, annunciato a Parigi il 17 dicembre del 1900, che metteva a disposizione 100.000 franchi a chi fosse riuscito a stabilire una comunicazione con gli extraterrestri. Dal concorso venne escluso il pianeta rosso perché si riteneva che il contatto con i marziani fosse troppo facile.
Da allora di strada verso questo cugino della Terra ne è stata fatta. Oggi sappiamo che su Marte l’ acqua c’è stata, le tracce sono evidenti, cosa sia successo al pianeta per impedirgli di seguire un cammino biologico simile a quello terrestre resta ancora un mistero. Mistero sul quale ExoMars spera di fare un po’ di luce.
La missione è l’ ultima in ordine di tempo di una lunga serie di lanci diretti verso il pianeta rosso. L’ epopea dell’ esplorazione marziana inizia il primo novembre del 1962, quando l’ allora Unione Sovietica lanciò la sonda Mars 1, che avrebbe dovuto avvicinarsi fino a 190.000 chilometri dal pianeta. Qualcosa non andò per il verso giusto e il contatto fu perso a 106 milioni di chilometri dalla Terra. Non furono più fortunati gli americani nel 1964 con Mariner 3, che sparì nel nulla poco dopo il lancio. Ma il successo era alle porte, l’ anno dopo la sonda Mariner 5 si avvicinò fino a 10.000 chilometri da Marte e trasmise 21 fotografie, le prime immagini del pianeta rosso.
La missione ExoMars è articolata in due fasi. Dopo questo lancio, seguirà nel 2018 l’ invio su Marte di un rover molto sofisticato, che andrà a fare compagnia a quelli della NASA che stanno caracollando da tempo sul suolo del pianeta. Il mezzo europeo avrà però una marcia in più. Mentre Il rover della NASA Curiosity è allestito con un trapano che gli permette di perforare fino a cinque centimetri di profondità il suolo di Marte, quello di ExoMars sarà in grado di trapanare fino a due metri nel sottosuolo, dove i micidiali raggi cosmici non possono arrivare a uccidere eventuali forme di vita.
Un dubbio però attanaglia i ricercatori. Nel caso di un’ eventuale scoperta di forme di vita elementare su Marte, occorrerà verificare che non si tratti di microbi terrestri mandati inavvertitamente in trasferta nel corso di missioni precedenti a causa di una non perfetta sterilizzazione degli strumenti. Ma ogni cosa a suo tempo.