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Scritto da nel Internazionale, Numero 128 - 1 Aprile 2016 | 0 commenti

Libia: uno stato mai esistito

Libia: uno stato mai esistito

Con l’arrivo via mare a Tripoli del premier Fayez al Serraj, il Consiglio Presidenziale Libico riconosciuto dalle Nazioni Unite assume pieni poteri dando inizio ad una nuova fase nella storia della Libia.

Secondo molti osservatori l’insediamento del nuovo Governo è il viatico per un intervento militare teso a pacificare il territorio libico; pacificazione che oggi pare più lontana che mai, con fazioni variegate, e soprattutto la minaccia dell’Isis e di Daesh, che confermano l’inconsistenza di quello che un tempo poteva essere ritenuto uno stato.

Per meglio comprendere i problemi di oggi è bene conoscere la storia di questo paese, partendo dal rapporto ambiguo tenuto nell’ultimo secolo proprio con l’Italia.

Nel 1911 il Presidente del Consiglio Giolitti presenta la Libia, o meglio la Tripolitania e la Cirenaica, come una “terra promessa” capace di risolvere tutti i problemi degli Italiani.

La presenza dell’Italia viene già riconosciuta e legittimata nel 1912 dal trattato di Losanna ma è negli Anni 20, complice la Prima Guerra Mondiale e la crisi dell’Impero Ottomano fino ad allora presente in Nord Africa, che l’Italia raggiunge l’effettivo possesso di tutta l’area.

Per l’Italia fascista la gestione della colonia non è semplice: da subito gruppi di ribelli si contrappongono agli Italiani che rispondono con deportazioni nel deserto di Sirte e confische di beni. In particolare negli Anni 30 la ribellione si acutizza e la risposta italiana è la crudele rappresaglia sulla confraternita senussita nel 1931, con l’esecuzione, tra i tanti, del leader Al-Mukhtar, poi diventato eroe nazionale.

Nel 1934 Italo Balbo, Governatore di Libia, avvia la modernizzazione fascista della Colonia, nella quale il 15% della popolazione è italiana. Negli anni seguenti la pacificazione passa anche attraverso il riconoscimento della cittadinanza italiana a chi presta servizio militare.

Nella Seconda Guerra Mondiale la Libia è teatro di scontri tra eserciti italo-tedeschi e britannici, che culminano con la vittoria del Generale Montgomery ad El Alamein (Egitto) e la caduta di Tripoli nel 1943.

Al termine della guerra la gestione della Libia è in mano alla Gran Bretagna che porta al potere i Senussi. Il Regno di Libia viene riconosciuto dall’ONU nel 1952.

Nell’agosto del 1962 il colpo di stato di Gheddafi rovescia re Idris: in un tripudio di socialismo e nazionalismo arabo le imprese straniere vengono nazionalizzate e gli Italiani rimasti, 35 mila circa, costretti alla confisca dei beni e all’emigrazione forzata con il rientro in Italia.

Gheddafi, paladino di un nuovo nazionalismo arabo, diventa presto nemico dell’Occidente mantenendo però rapporti bilaterali distesi con l’Italia. Nel 1986 Gheddafi sopravvive al massiccio bombardamento degli Stati Uniti di Reagan.

I rapporti tra Italia e Libia vivono un momento chiave nel 1998 con l’accordo Dini-Mountasser, con la fine della controversia coloniale e il risarcimento dei danni al popolo libico.

In un periodo di distensione tra i due Stati irrompe nel 2006 la maglia anti islam del Ministro leghista Calderoli che provoca le rivolte di musulmani libici che assaltano il consolato italiano a Bengasi, minando i rapporti diplomatici. Nel 2008 il “Trattato di Amicizia” riporta i rapporti alla normalità: il trattato riguarda l’impegno italiano alla costruzione dell’autostrada costiera e il contrasto all’immigrazione da parte libica.

Nel 2011 il mondo arabo conosce la Primavera: Gheddafi risponde violentemente alle proteste di piazza inimicandosi tutto l’Occidente. L’ONU, sotto la forte pressione della Francia, decide per l’intervento militare teso a mettere la parola fine al regime del Colonnello, ucciso nell’ottobre 2011. Durante i bombardamenti NATO il territorio libico è attraversato dagli scontri tra Lealisti e Consiglio Nazionale di Transizione.

Il Consiglio, pur guadagnando la guida del Paese, si scontra con la difficile gestione di un territorio balcanizzato e occupato da fazioni e tribù in rivolta.

Negli anni a seguire fino a oggi la situazione degenera gravemente con l’entrata in scena dell’Isis e un’incontrollabile frammentazione: nel 2012 integralisti islamici attaccano l’ambasciata USA di Bengasi; nell’ottobre 2013 il premier Alì Zeidan viene rapito da rivoluzionari; gruppi filo islamici si impadroniscono di Tripoli, costringendo il Governo a trasferirsi a Tobruk; un anno dopo l’Isis proclama la nascita della sua prima provincia libica, per poi impadronirsi di Sirte nella primavera del 2015; all’inizio del 2016 l’ONU sostiene un nuovo governo, con base in Tunisia, non riconosciuto però né da Tobruk né dagli islamici di

La difficoltà principale per una futura normalizzazione del paese sta nel “peccato originale coloniale”.

Ai tempi di Gheddafi la Libia risultava unita e coesa grazie al pugno duro e un totale verticismo.

Oggi non è più così: la Libia non è semplicemente uno stato fallito (sommatoria di Cirenaica, Tripolitania e Fezzan), ma uno stato che forse non è mai esistito, frutto delle geometrie coloniali del XX Secolo.

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