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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 137 - 1 Febbraio 2017 | 0 commenti

“Silence” di Martin Scorsese

“Silence” di Martin Scorsese

Silence è la quadratura del cerchio nella filmografia di Martin Scorsese: una sceneggiatura che aspettava di essere sviluppata da almeno vent’anni, un film che raccoglie in sé tutte le tematiche care al regista dai tempi di Toro scatenato, come il sacrificio, la ricerca di una redenzione e il tema religioso che sembra voler chiudere la trilogia spirituale insieme a L’ultima tentazione di Cristo e Kundun.

La storia di Silence e del libro omonimo di Shūsaku Endō inizia nel Giappone del Seicento: dopo oltre un secolo di pacifica evangelizzazione cristiana, a seguito di un editto espulsivo, i feudatari iniziarono una vera persecuzione nei confronti dei preti che continuavano segretamente a professare la propria dottrina.

Due giovani gesuiti muovono verso oriente, alla ricerca del proprio padre spirituale e per continuare l’opera di predicazione interrotta dal maestro. Al loro arrivo ciò che trovano è sconfortante: non solo la divulgazione della fede deve avvenire clandestinamente, in condizione di estrema miseria, ma soprattutto con grandi problemi di comunicazione e dunque di trasmissione del messaggio cristiano.

I giapponesi convertiti, per come ce li mostra Scorsese, sono dei contadini umili, poveri alla disperazione, che hanno accettato una religione della quale non capiscono quasi nulla a causa delle differenze linguistche; sono credenti di una superstizione esotica di cui riconoscono solo alcuni gesti e alcuni suoni.

I due preti si trovano spesso a confrontarsi sul misticismo, la contemplazione e il senso della religione, ma è una conversazione esclusiva, un ultimo istante di conoscenza a cui segue l’ufficio di un rito che non viene compreso nonostante le parole della liturgia siano stravolte per facilitarne la pronuncia.

Qual è stato dunque il senso di quella divulgazione? A quale religione sono stati votati i giapponesi cristiani? Che cos’era quell’evangelizzazione se non una forma di colonizzazione?

Silence è un film che non intende indagare il senso sacro della spiritualità ma ha un intento ben più attuale, quasi un’urgenza politica.

La persecuzione messa in atto dallo shogun, che teme una forma di assoggettamento, prevede ogni forma di tortura possibile per far abiurare i cristiani, e la condanna a morte nel caso in cui non avessero rinnegato.

Quasi tutti i nuovi adepti subiscono supplizi terribili, muoiono in nome di una religione o di un’appartenenza a qualcosa di cui non hanno colto interamente l’essenza, ciechi martiri che si immolano per una speranza appena intuita.

In questo inferno muove il percorso dei due predicatori, irto di insidie spirituali e pericoli fisici, un calvario in cui la fede viene messa a dura prova, tanto che i due sono costretti a iniziare un profondo dialogo interiore che vedrà la loro fede, dapprima incrollabile e potente, prossima a compromessi o alla fredda indifferenza verso le umane sofferenze.

La voce fuori campo di uno dei due predicatori sembra un lungo rosario in cui ogni avvenimento è una preghiera sopita che si declina tra lamento, rimpianto e supplica.

Dio sembra lontano, assente, pare non ascoltare le invocazioni di chi lo invoca; ciò che pervade il film come presenza costante che vigila sugli uomini, elevandosi al di sopra del bene del male, è la natura. Le azioni degli uomini sono sempre immerse negli elementi, tra le onde del mare o tra i boschi; si ha della nebbia e del vento una percezione sensoriale tanto potente che fa da contrappunto a una continua ricerca di Dio. L’assenza totale di una colonna sonora, soppiantata dai suoni primordiali del mare o del vento, insinua la natura stessa nei dialoghi degli uomini come ovatta tra le loro incomprensioni.

La guerra sanguinosa tra buddisti e cattolici si risolve in una guerra degli uomini, dove le divinità non esistono o sembrano pretesti; la sacralità si trova solo nella ricerca di Dio e nella tacita e onnipresente natura, attraverso un lungo dialogo di voci fuori campo e suoni ancestrali in cui Scorsese sembra aver ritrovato un suo ritmo.

Un film dal rigore narrativo assoluto, in cui i colpi d’ala del regista sono mediati dalla complessità del tema: una qualità della visione straordinaria che fa di questo film un’opera capace di irretire.

 

Trama

1643. Dopo aver ricevuto una lettera dal loro padre spirituale in missione in Giappone e aver sentito voci secondo le quali si sarebbe convertito al buddismo, due giovani sacerdoti gesuiti si mettono in viaggio verso Oriente per portare avanti la predicazione iniziata dal loro maestro e verificare le voci sul suo conto.

L’approccio con la realtà del luogo si rivela tanto pieno di difficoltà e pericoli da rappresentare per loro un vero e proprio percorso di ascesi.

 

Crediti

Titolo: Silence / Regia: Martin Scorsese / Interpreti: Andrew Garfield, Adam Driver, Liam Neeson, Tadanobu Asano / Sceneggiatura: Jay Cocks, Martin Scorsese / Fotografia: Rodrigo Prieto / Montaggio: Thelma Schoonmaker / Produzione: IM Global / Paese: Stati Uniti d’America /Anno: 2016 / Durata: 161 minuti

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