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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 139 - 1 Aprile 2017 | 0 commenti

“Elle” di Paul Verhoeven

“Elle” di Paul Verhoeven

 

Che l’ultimo lavoro di Paul Verhoeven sia un film d’impatto si capisce dai primi secondi di visione, quelli in cui solitamente ci si aggiusta comodamente nella poltrona e si sistema la giacca sullo schienale aspettando che le immagini si facciano strada fino a catturare l’attenzione del pubblico. Il regista olandese ci coglie alla sprovvista: le urla dei primi dieci secondi sono quelle legate allo stupro della protagonista e le immagini crude che ne conseguono fanno sì che il povero spettatore sia catturato da quell’incipit in media res che lo condurrà in un continuo stravolgimento di piani e di attese.

La vittima della violenza, Michelle, in pochi istanti rassetta la casa, butta i vestiti, si fa un bagno, ordina del sushi e rientra, impeccabile, nel suo ruolo di madre, per la cena che ha col figlio poco tempo dopo l’accaduto. Ciò che s avverte è la totale assenza di un’espressione di dolore, mancano lacrime o stati di shock, qualcosa che dia il senso di continuità alla manifestazione di una così feroce violenza; è così che un film drammatico lascia il posto a un thriller e a una black comedy con tanta disinvoltura da risultare disturbante.

La rappresentazione della quotidianità della protagonista si arricchisce di elementi assurdi e dirompenti: una madre bizzarra ben sopra le righe, un passato travagliato in cui ella stessa è figlia di un caso giuridico (il padre incarcerato per aver compiuto una serie di efferati omicidi) e una leggerezza nelle relazioni erotiche che intraprende con altri uomini. Indipendentemente da quanto possa risultare indisponente e arida, resta per lo spettatore la vittima del primo minuto, e questa etichetta che lega la percezione del personaggio alla vittima non la porterà mai a essere individuata come carnefice.

Il testo ha un ritmo vivo e palpitante, procede con estrema disinvoltura tra repentini cambi di registro e di genere; Verhoeven impone al pubblico una serie di aspettative e immediate delusioni, gli sottrae ogni punto di riferimento morale. Ci sorprende distratti e ci impone di guardare quando vorremmo voltarci un po’ impressionati, ci troviamo impreparati a ridere quando credevamo di essere nel pieno culmine drammatico dell’azione; una vera centrifuga morale ed emotiva che fa di questo ultimo lavoro un film raffinato e acuto.

Isabelle Huppert indossa i panni della protagonista in maniera magistrale, incarnando simultaneamente una freddezza siderale e un’ironia grottesca alternate con un’esattezza quasi scientifica. A legare tutte queste sfumature e mezze tinte esiste un fil rouge di dolore e sangue e morte che fa da contrappeso al tono ironico e scanzonato della commedia incentrata sulla manager tutta d’un pezzo.

Nel controluce del personaggio si possono individuare elementi di connessione con le donne di Hitchcock, segnate a fuoco da traumi, rimozioni e lacerazioni profonde, capaci di tessere un filo di suspense con lo spettatore, che con le loro geometrie e i loro giochi mentali affiorano come spettri nel continuo mutare dei toni di Michelle.

 

Trama

Una donna viene violentata all’interno della propria abitazione. Non sembra affatto turbata dall’accadimento, ma da quel momento un sacco di tasselli nella sua ordinatissima vita le sfuggono di mano. In un perfetto equilibrio tra il giallo e l’assurdo, l’abuso subito diventerà un gioco erotico e la protagonista cercherà di mettere ordine tra i dolori passati e quelli recenti.

 

Crediti

Titolo: Elle / Regia: Paul Verhoeven / Interpreti: Anne Consigny, Charles Berling, Christian Berkel, Isabelle Huppert, Jonas Bloquet, Laurent Lafitte, Virginie Efira / Sceneggiatura: David Birke / Fotografia: Stéphane Fontaine / Montaggio: Job ter Burg / Produzione: Entre Chien et Loup, France 2 cinema, SBS Productions, Twenty Twenty Vision Filmproduktion GmbH / Paese: Francia /Anno: 2016 / Durata: 130 minuti

 

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