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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 138 - 1 Marzo 2017 | 0 commenti

“Moonlight” di Barry Jenkins – Premio Oscar per il Miglior Film 2017

“Moonlight” di Barry Jenkins – Premio Oscar per il Miglior Film 2017

Moonlight è una storia raccontata in capitoli, più precisamente tre capitoli, tre nomi dello stesso uomo, tre età attraversate che coincidono con tre tappe nella vita di un ragazzino dei bassifondi di Miami.

Il tema del viaggio si fa significato e significante nel divenire della pellicola; sembra un romanzo di formazione dal sapore antico sbalzato in un quartiere contemporaneo dove droga, violenza e prostituzione distinguono il contesto culturale e umano in cui si svolgono le vicende del piccolo Chiron.

Little, così si intitola il primo paragrafo, è il nomignolo usato da tutti per un bambino segnato dall’abbandono e dalla solitudine, tanto spaventato e taciturno che le parole non dette sembrano assunte dal suo sguardo attento e vigile che spesso rappresenta il punto di vista dell’inquadratura.

Attraverso un’ellissi temporale il film scivola nel secondo capitolo che prende il nome di Chiron, ovvero dell’adolescenza o la caparbia ricerca di una felicità negata. Le brutture del mondo si annidano nei giorni del ragazzino che cerca disperatamente di non soccombere alle regole del quartiere e del dolore. Le inquadrature rasentano i muri e gli edifici; sembrano un recinto, resti della Miami scintillante di serie A; un tourbillon di strade, cerchie chiuse di compagni, bulli, negazioni, miseria, egoismi, risse, case povere e senza vita. La storia di Chiron sembra una sineddoche dove l’infelicità del singolo rappresenta l’infelicità di un mondo, o meglio di un sub-mondo.

La forza della disperazione, fredda e scevra di retorica, permea ogni inquadratura. I silenzi derivanti dalla mancanza di comunicazione generano una sorta di sospensione o di attesa di qualcosa, qualunque cosa possa lenire le sofferenze dei personaggi.

In questo luogo, dove la felicità non è nemmeno pensabile e dove l’amore è vessato dai soprusi, il ragazzino appare come ultimo baluardo di verità e di sensibilità e sembra fare quanto in suo potere per non cadere nei meccanismi che regolano gli equilibri e le esistenze del suo ambiente; ma la parabola deterministica vuole che nel terzo capitolo il protagonista diventi un duro, un’indolente spacciatore senza cuore e di poche parole.

Black è il titolo del capitolo conclusivo e Black è il soprannome che aveva dato Kevin a Chiron, un compagno di scuola insieme al quale avevano vissuto un fugace innamoramento.

Nella conclusione del film è il rincontro con Kevin a permettere alla vita e alla felicità di intaccare quel silenzio indurito, e la cappa di dolore che a lungo li aveva sopraffatti.

Lo stile con cui la vicenda è dipinta è decisamente poetico, quasi calligrafico, e in un certo senso questa maniera si scontra con il tema e gli stati d’animo da cui sono investiti i personaggi. Questo scarto di registri tra la forma del racconto e la vicenda stessa rende il film peccabile di non avere abbastanza forza e di non essere supportato dal linguaggio espressivo.

 

Trama

Un ragazzino silenzioso e sfuggente, incastrato in un’infanzia negata in cui la madre ha problemi di tossicodipendenza e il padre non c’è, si muove alla ricerca di affetti sostitutivi. Trova un padre in un boss dello spaccio, cerca l’amore in un compagno di scuola, ma la dura realtà del quartiere lo porterà a indurirsi e a diventare lui stesso perno di quei meccanismi violenti da cui a lungo ha cercato di sottrarsi. Una ricerca della felicità in un mondo subumano, dal lieto fine.

 

Crediti

Titolo: Moonlight / Regia: Barry Jenkins / Interpreti: Alex R. Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes, Mahershala Ali, Naomie Harris/ Sceneggiatura: Barry Jenkins, Tarrell McCraney / Fotografia: James Laxton / Montaggio: Joi McMillon, Nat Sanders / Produzione: A24, Plan B Entertainment / Paese: Stati Uniti d’America / Anno: 2016 / Durata: 110 minuti

 

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