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Scritto da nel Numero 147 - 1 Gennaio 2018, Scienza | 0 commenti

Così vicino, così lontano

Così vicino, così lontano

Negli ultimi mesi del 2017 nel cosmo si sono succeduti due eventi lontanissimi fra loro, ma connessi in modo singolare.

Cominciamo dal transito ravvicinato di Oumuamua, nome di origine hawaiana che significa Messaggero che arriva per primo da lontano. Si tratta infatti del primo corpo celeste conosciuto proveniente dall’ esterno del sistema solare, scoperto il 19 ottobre dello scorso anno dal telescopio Pan – Starrs 1 alle Hawaii. L’ oggetto roccioso ha la forma di un gigantesco sigaro, è lungo circa quattrocento metri e sembra arrivare da molto lontano. Per molti osservatori dalla costellazione della Lira, altri si spingono fino a Vega, la stella più luminosa. Se l’ aspetto di Oumuamua ha fatto venire l’ acquolina in bocca a molti ufologi, parecchi dei quali erano convinti che si trattasse di un’ astronave aliena, la sua comparsa ha mobilitato anche gli enti scientifici. Quello che per gli addetti ai lavori è un esoasteroide, ha dato qualche problema di classificazione, obbligando l’ Unione internazionale degli astronomi a creare una categoria ad hoc per lui, quella degli oggetti interstellari.

Dalla Virginia, le antenne del gigantesco radiotelescopio Green Bank sono state puntate verso Oumuamua, nel tentativo di cogliere segnali alieni durante il suo passaggio ravvicinato con la Terra. Obiettivo cui puntavano anche gli strumenti di Breaktrough Listen, il programma di esplorazione dello spazio, per individuare forme di vita intelligenti aliene, finanziato dal magnate russo Yuri Milner e sostenuto dal grande cosmologo Stephen Hawking.

Nonostante le orecchi tese, Oumuamua ha mantenuto un ostinato silenzio e si sta allontanando da noi alla velocità di novanta chilometri al secondo, per proseguire la sua orbita iperbolica negli abissi siderali. Se questo ospite è venuto a trovarci da molto lontano, dalla Terra stiamo ricambiando la visita allo spazio profondo con le missioni Voyager. Protagoniste di una delle maggiori imprese scientifiche del XX° secolo, le due sonde hanno da poco festeggiato i 40 anni di corsa nello spazio. La star del momento è Voyager 1, che si è avventurata per prima nello spazio interstellare, oltre le colonne d’ Ercole del sistema solare. Voyager 2 segue una traiettoria più lunga e ci arriverà fra qualche anno.Un altro primato di Voyager 1 è averci mandato l’ immagine più lontana del nostro pianeta. Scattata venticinque anni fa, da una distanza di sei miliardi di chilometri, la foto ritrae quello che venne battezzato Pale blue dot, pallido puntino blu.Ma quello che rende l’ avventura di Voyager 1 ancora più straordinaria, è che ha viaggiato per anni con il motore spento, causa un’ avaria ai propulsori. Ma cosa lega questa vetusta sonda a Oumuamua? Una singolare coincidenza. Lo scorso novembre, mentre il primo corpo celeste extrasolare si avvicinava al nostro pianeta, gli ingegneri della Nasa sono riusciti a riavviare i propulsori di Voyager 1, il primo oggetto costruito dall’ uomo a raggiungere lo spazio interstellare.

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