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Scritto da nel Internazionale, Numero 170 – Primavera 2022 | 0 commenti

Tre libri in bicicletta (per non parlar dell’uomo)

Tre libri in bicicletta (per non parlar dell’uomo)

Qualche anno fa una notizia ebbe un principio di diffusione virale nel web. Un principio, sì, perché poi tutti quanti dimentichiamo; ma il valore del contenuto valica luoghi e tempi, e fa piacere riproporre un concetto insieme alla sua espressione.

Siamo a Bamiyan, città nel cuore dell’Afganistan il cui nome fece il giro del mondo nel 2001 quando la furia iconoclasta talebana distrusse le millenarie statue gigantesche rappresentanti Buddha. Il protagonista è un uomo alto e magro di professione insegnante, Saber Hosseini, persona di grande coscienza civica che un giorno decide di raggranellare l’equivalente di duecento dollari, comprare circa duecento libri e andare a distribuirli ai bambini dei villaggi più isolati della regione, dove non ci sono scuole. Inforca così la sua bicicletta, caricata del bel fardello dei volumi, e parte; lo fa in bici perché non può spendere in benzina, d’accordo, ma lo fa soprattutto perché la gente ricorda i talebani in bicicletta a portare violenza, e lui vuole ribaltare questo pensiero e raccordare nuovamente la bici a un messaggio positivo, a un’idea di pace, di cultura, di speranza. A un gesto d’amore.

La storia è molto bella, non c’è che dire; per chi vuole approfondirne la vicenda in calce a queste righe c’è il collegamento a un video su Youtube, mentre a questo indirizzo (http://observers.france24.com/en/20160414-bicycle-books-isolated-afghan-children) c’è la testimonianza diretta del maestro Hosseini. Ma la bellezza della storia non può limitarsi alla condivisione strappalacrime sui social network, né alla retorica soddisfazione di sapere che l’umanità riesce a germogliare nell’aridità lasciata dalla guerra. Una storia del genere merita una riflessione.

Un uomo che pedala per portare libri a chi non ne ha sta compiendo un gesto ben più significativo della grande importanza che ha la motivazione. Non solo sta ricucendo socialità e costruendo cultura, ma sta creando umanità sviscerandola da sé, facendone forza per pedalare e donandola infine assieme ai libri. Cosa rimarrà a quei ragazzini? Non solo quanto appreso grazie alla lettura, ma anche quel che avranno imparato dal comportamento di un maestro che dimostra di saper insegnare tanto nelle lezioni quanto, ancor più, nelle azioni.

Col valore del gesto non dobbiamo sottovalutare l’importanza degli strumenti a cui il maestro Hosseini si affida. Il libro e la bicicletta sono giovani rispetto alla storia dell’uomo: il primo ha meno di sei secoli, la seconda è una vispa centenaria. Ce n’è voluto di tempo per arrivare alla stampa a caratteri mobili e al velocipede dalle invenzioni della scrittura e della ruota, ma quelle migliaia di anni sembrano affermare oggi la modernità di due oggetti che nel loro utilizzo silenzioso e benefico creano l’avanzamento della società. In un mondo che marcia spedito verso la velocità nei trasporti e la digitalizzazione del sapere (ossia la sua smaterializzazione) affermare l’importanza dell’utilizzo del libro e della bicicletta non è retrogrado, bensì progressista: c’è tutto dell’educazione e nulla della prevaricazione, tutto del civismo e nulla dell’inciviltà. In un villaggio senza elettricità sui monti della regione di Bamiyan come in piazza del Duomo a Milano.

3 maggio 2022

 

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