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Scritto da nel Numero 127 - 1 Marzo 2016, Politica | 0 commenti

Altalene arcobaleno

Altalene arcobaleno

Ore 15.30 di un “torrido” pomeriggio d’inverno. Il Vascello (si decise di chiamarlo così perché Transatlantico suonava troppo presuntuoso) era gremito come non mai, a parte qualche vuoto a causa di una insolente epidemia di varicella che aveva mietuto vittime anche fra i parlamentari.

Nicola, paonazzo in volto e con i calzoni ormai calati all’altezza del pube immacolato, arringa l’emiciclo del Senato della Repubblica di Kidlandia: “Colleghi, non è più tempo di tergiversare, occorre oggi stesso avviare l’iter legislativo che metta fine a questo impianto statutario anacronistico e inconciliabile con la forma mentis delle nuove generazioni. E’quindi urgente e improcrastinabile una riforma generale che dia libero sfogo all’amore trasversale”.

Quindi si arresta, asciuga la fronte con un fazzoletto e tracanna mezza lattina di succo di mirtillo, mentre dall’aula si leva un brusio sempre più forte, in particolare dagli ultimi banchi. Improvvisa, con il fragore di una valanga, esplode l’indignazione del quattordicenne Carlo, ormai giunto alla sua ultima stagione parlamentare: “E’ una vergogna udire queste parole inusitate in un consesso istituzionale; da temerari una simile idea che chissà dove ci condurrebbe”. E subito di rimando si odono le voci stridule di Roberto e Gianluca: “Finocchi siamo… finocchi rimaniamo”.

A tal punto sbotta Pietro che, con la stessa prontezza di riflessi con cui inchioda la sua mountain-bike a un palmo da ignari pedoni per suscitare l’ilarità generale, fulmina i senatori canterini con un solenne invito: “Andate allo stadio a fare questi cori”.

Nicola, appena un po’ frastornato, riavvia il filo del discorso e riprende a parlare: “Trovo assurdo che questa nostra Repubblica, retta da un sistema talmente democratico da portare qui ed al governo le istanze del bambino più timido e ignaro che si possa trovare in un angolo sperduto della nazione a pascolare pecorelle, non sia matura per abbattere gli steccati uomo-donna e non sia ancora pronta ad accogliere nei veri luoghi del potere decisionale l’universo femminile, relegato quanto a visibilità e comando in quella grottesca ed inutile seconda Camera”.

Parte qualche timido applauso che incoraggia ulteriormente il focoso Nicola, il quale prosegue: “Ha ragione la Presidente Laura a lamentare tale discriminazione, così come ha ragione a chiedere, ed io mi unisco a nome di tutto il gruppo parlamentare, che nel giro di un paio di mesi si arrivi a deliberare una nuova carta costituzionale che vieti le scuole separate per genere, le ludoteche e i giardini separati per genere, persino i luoghi di culto ed i cinema separati per genere. Poniamo oggi le basi del diritto a dare e ricevere affetto ed amore anche a persone dell’altro sesso. Rivendichiamo la possibilità di giocare insieme, di studiare, passeggiare e governare insieme. Cominciamo a legiferare con le bimbe in un unico misto contenitore assembleare”.

Di nuovo il brusio diventa assordante e Pietro deve dar fondo alle forze del proprio polso per rendere vittorioso il campanellino sul vociare diffuso; non un senatore però si trastulla con la play station o manda whatsappini, sono tutti incollati al discorso di Nicola, come in uno stato di trance, per la portata rivoluzionaria delle parole ascoltate.

Nicola riparte: “E’ giunto il tempo per una Seconda Repubblica a Kidlandia che, emulando altre importanti nazioni under 15, si imperni su nuovi pilastri normativi nelle relazioni fra bimbi e bimbe, lasciando la piena libertà di interazione. Ma è giunto anche il momento di andare oltre e di chiedere di decidere noi stessi gli educatori-supervisori adulti, rompendo con l’obsoleta prassi di scegliere necessariamente fra i nostri genitori “naturali”. Dobbiamo avere la possibilità di affidarci anche a donne e uomini saggi che per mille diverse ragioni si siano trovati nella situazione di non avere prole”.

Vola qualche commento sguaiato sulla salute mentale dell’oratore. E un altro Roberto inveisce: “Pazzo rivoluzionario…il tuo progetto rischia di farci piombare in una compravendita di insegnanti e sapienti senza scrupoli che come mercenari si insediano qui, senza alcun legame affettivo con il nostro popolo di infanti”.

Nicola non si fa intimidire da queste urla e conclude il suo intervento: “Colleghi vi chiedo di appoggiare con forza una riforma costituzionale che abbatta le distanze e le distinzioni di genere e che consenta l’adozione di educatori cresciuti fuori dalla procreazione. Che Kidlandia possa riempirsi di altalene arcobaleno!!”.

Al culmine della veemenza oratoria, Nicola si congeda mimando baci all’emiciclo e si accascia poi sullo scranno, afferrando lesto lo snack al cocco nascosto sotto il banco per riprendere tono. L’aula è sprofondata nel silenzio. Non si sente più volare una mosca. Lo shock in particolare per l’ultima proposta è forte. Nicola continua a sudare e avverte, quasi come in un risveglio da uno stato letargico, i primi cenni di approvazione dei colleghi. Piano piano il Vascello si rianima e prorompe un fragore di applausi che sovrasta nettamente i pochi fischi e ululati dei pasdaran della conservazione. Il comizio ha fatto breccia nel cuore dei senatori di più parti politiche e da fuori giungono le prime eco della gioia irrefrenabile delle colleghe della seconda camera cui un messo ha portato la notizia.

A Kidlandia, come durante un golpe, non sarà necessario aspettare la conclusione dell’iter legislativo…la sera stessa dell’adunanza parlamentare, per le strade, bimbi e bimbe festeggiano insieme la possibilità di dar vita a unioni di fatto. In breve tempo le distinzioni di genere rimarranno un flebile ricordo, nonché il portato dei racconti degli educatori-supervisori, naturali e adottivi, che narrano ai ragazzi ciò che accade nelle nazioni dei grandi.

 

Se il tempo volge al bello in questa fantomatica Kidlandia, così non può dirsi per la vecchia Italia, dove sembra che almeno pioggia e vento, se non il freddo, abbiano ricordato agli abitanti di tutte le regioni, nessuna esclusa, che siamo pur sempre nella “mala stagione”. Sopra una certa quota altimetrica e specialmente nei settori occidentali, quindi Liguria, Piemonte, dove ne è caduta davvero molta, ma anche nell’arco alpino centrale, nel Piacentino e in Sardegna è riapparsa la neve. In particolare però un fortissimo scirocco ha salutato la fine di gennaio, con temporali e mareggiate che hanno purtroppo fatto danni ingenti. L’occhio del ciclone che si era posizionato sul mar Ligure e sulla Sardegna si sta spostando rapidamente verso est e il mese comincerà con un altalena di perturbazioni e pause di bel tempo. Una prima irruzione decisamente più fredda, perché sostenuta da venti che anziché dai quadranti meridionali spireranno da maestrale, si avrà a metà settimana e questa volta scivolerà prettamente lungo la dorsale adriatica, portando piogge e nevicate specie su Marche e Abruzzo. Vi sarà spazio per un intervallo soleggiato ma già nel prossimo fine settimana nuovamente perturbato e freddo. E questa variabilità, tendente al brutto tempo, potrebbe dare l’imprinting a tutta la prima metà del mese pazzerello. Sarebbe per un inverno inconsistente come questo quasi un colpo di reni o forse il canto del cigno.

Comunque il posizionamento a nord, per la prima, massimo seconda volta durante tutta la stagione, dell’alta pressione delle Azzorre, verso le isole Britanniche, dovrebbe garantire quell’apporto pluviometrico necessario per gli assetati terreni italici. Ed anche dovrebbe scongiurare per un po’ l’ennesima risalita dell’aria calda e della stabilità dell’anticiclone subsahariano, fenomeno che, susseguitosi da dicembre, ha portato alla precoce fioritura se non alla vera e propria mancata interruzione del ciclo vitale della orticoltura. Ricordiamo ancora una volta che solo gli scambi sulla linea dei meridiani, frutto degli innalzamenti/sprofondamenti delle alte e basse pressioni, possono garantire l’inverno serio sui bacini mediterranei, che siano iberici, italiani o ellenici. Altrimenti i flussi zonali sulla linea dei paralleli al più danno vita a qualche lieve tempesta autunnale. Ecco perché le premesse al freddo in Italia sono che si realizzino tali scambi meridiani e che la zona di confine dove ciò avvenga si collochi idealmente fra Paesi Bassi e foce del Rodano. Le premesse invece al freddo persistente e cattivo sono poi ulteriori: occorre cioè che non solo vi siano gli scambi meridiani ma che questi pieghino obliqui con una retrogressione della zona fredda dai Balcani verso il Mediterraneo. Se poi si instaura un vortice ciclonico sul centro Italia e si crea un cuscino freddo nei bassi strati la neve cade da ovunque giungano le successive nubi. Ma questo quadro invernale con il cosiddetto orso polare o orso russo in gran spolvero è ormai un ricordo piuttosto lontano e sporadico, quasi quanto il matrimonio di rito canonico.

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