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Scritto da nel Numero 108 - 1 Aprile 2014, Politica | 0 commenti

La scacchiera geopolitica

La scacchiera geopolitica

L’Occidente di Obama è arroccato. Il Nobel della Pace accettato sulla fiducia a inizio del primo mandato, in omaggio al colore della sua pelle, è stato il sigillo di un’America che si crogiola nella bellezza del suo giardino di casa (del quale anche la Grande Bellezza di Roma fa a suo buon merito parte). Lungi dalla aspettative del pacifismo integrale, pronto sul piede di “guerra” contro l’intervento americano in Siria, all’arretrare degli States dallo scenario mondiale non corrisponde affatto una maggior “pace”.

In questo vuoto, oltre all’offensiva del terrorismo, maggiore spazio trova in particolare la Russia di Putin che, senza i timori né le remore che con fantasia si immaginava dovesse avere lo sconfitto della Guerra fredda, prosegue la sua normale politica di potenza imperiale. Pensiamo che cosa potrebbe succedere se un Governo sotto l’orbita americana venisse colpito da una rivolta come quella di Kiev: altro che secessione, interverrebbero subito le truppe a fianco del Governo legittimo! Pertanto non pare serio, dopo aver separato il Kosovo dalla Serbia, sostenere che la Crimea, russa fino alla sbornia di Kruscev negli anni Cinquanta, non possa rientrare in Russia. All’arrocco occidentale Mosca risponde muovendo la Regina.

Non hanno senso le sanzioni, men che meno lo hanno imposte da un’America in ritirata al continente europeo che legami con la Russia ne ha e intende continuare ad averne in entrambe le direzioni: i nostri investimenti là e i loro qua. Sarebbe proprio l’Ucraina, e su questo non posso non concordare con Romano Prodi e il suo articolo apparso mesi orsono sul New York Times, a beneficiare di uno spazio integrato e di un’Europa più larga e partner della Russia. Fatto sta che mentre Obama si arrocca nella sua abbondanza energetica, l’Europa nelle sue fobie nazionaliste, la Russia di Putin incassa ciò che le spetta che non è nient’altro che l’influenza verso i suoi cittadini vicini di casa.

Gli sviluppi recenti ci stanno mostrando quanto ai titoli degli interventi occidentali non corrisponda un efficace successo. Abbattuto il Governo democraticamente eletto di Yanukovich, l’Ucraina si trova senza la Crimea che a quel colpo di stato si è sottratta. Abbattuti Gheddafi, Mubarak e Saddam ci si è trovati l’offensiva del terrorismo e la parcellizzazione settaria dell’Islam, ben lontana dall’essere la soluzione al tema della transizione delle società islamiche. Rimane solo Assad a suggellare la pace con la Russia e la distensione dei rapporti con l’Iran.  La storia di questi anni sta smontando diverse delle tesi che con faciloneria venivano avanzate negli anni di Bush, ma non sta consentendo al dibattito occidentale di uscire dalla tesi manichea di bene contro male e pace contro guerra: su questa china di analisi politicamente corretta l’Occidente ha imboccato la strada giusta per perdere punti nello scacchiare mondiale a vantaggio di potenze più smart che procedono con cauta spregiudicatezza nell’esercitare il proprio potere all’interno dei propri spazi geopolitici.

Il viaggio di Obama in Europa è stato un modo per perlustrare e rianimare le truppe, in ritirata su un fronte interno che non vuole investire negli eserciti, e i confini orientali dell’Impero occidentale, al quale per nostra fortuna apparteniamo, per uscire dall’arrocco e sfidare a viso aperto la Regina russa di Putin.

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