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Scritto da nel Internazionale, Numero 112 - 1 Agosto 2014 | 0 commenti

Bagno di sangue in Medioriente, divergenze tra Israele e Stati Uniti

Bagno di sangue in Medioriente, divergenze tra Israele e Stati Uniti

L’esercito israeliano intensificato la sua azione bellica contro Hamas, è salito a più di 1.280 morti e 7.170 feriti palestinesi il bilancio totale dei 23 giorni di offensiva, numeri destinati tragicamenti a salire. Secondo l’Onu, i tre quarti delle vittime palestinesi sono civili. Israele, da parte sua, ha perso 53 soldati, il bilancio più pesante dalla guerra contro Hezbollah nel 2006. Tre civili, due israeliani e un thailandese, sono morti uccisi dai razzi lanciati dalla Striscia.

Il conflitto arabo – israeliano raggiunge un nuovo apice di odio e conflitto, il medioriente oggi più che mai vive una delle sue fasi storiche più tragiche. L’ayatollah Ali Khamenei, ha definito Israele un “cane rabbioso” che sta compiendo “un genocidio” nella Striscia di Gaza. “Un cane rabbioso, un lupo selvatico (…) – ha detto la guida suprema iraniana in un discorso trasmesso in diretta dalla televisione di Stato in occasione della fine del ramadan – attacca persone innocenti: ci sono bambini innocenti che hanno perso la loro vita (…). Quello che stanno facendo i dirigenti del regime sionista è un genocidio e una catastrofe storica”. Khamenei ha cncluso il suo discorso lanciando un appello a tutto il mondo islamico affinché possa “armare” i palestinesi.

Dall’altra parte Israele non intende fermare l’offensiva con l’obiettivo di neutralizzare Hamas. “Noi – ha detto il primo ministro Benjamin Netanyahu, in un intervento televisivo dopo una nuova giornata di sangue – dobbiamo essere pronti a una lunga campagna, fino a che la nostra missione non sarà realizzata. Questa operazione non sarà conclusa fino a che non avremo neutralizzato i tunnel”. I tunnel servono ad Hamas per muoversi ed attaccare Israele. I tunnel sono decine di gallerie costruite negli ultimi anni da Hamas, la cui esistenza divenne nota al mondo nel 2006, quando i tunnel vennero usati per rapire il soldato israeliano Gilad Shalit. Sul fronte della diplomazia le cose non sembrano andare molto meglio perchè la proposta per avviare un processo di pace avanzata dal segretario di Stato americano, John Kerry, non è proprio piaciuta a Israele. Gerusalemme avrebbe bollato la proposta troppo vicina ad Hamas, a questo si aggiunge l’irritazione israeliana nei confronti del segretario di Stato americanci che ha  Kerry  più volte duramente condannato gli attacchi contro Gaza. A far arrabbiare Gerusalemme prima ci aveva pensato la FAA, l’ente americano responsabile della sicurezza nell’aviazione civile, vietando alle compagnie americane di volare sull’aeroporto di Tel Aviv. La bozza per il cessate il fuoco del 25 luglio è stata giudicata da Israele troppo vicino alle posizioni da Hamas, il ministro della Giustizia israeliano, Tzipi Livni, ha ricordato di aver detto a Kerry che la bozza era “completamente inaccettabile” e che “avrebbe rafforzato gli estremisti nella regione”.

Ma lo scontro tra Stati Uniti e Gerusalemme ha visto un altro importante episodio nel viaggio di Kerry a Parigi, dove oltre a incontrare i ministri degli Esteri di Germania, Italia, Regno Unito e Francia, il politico americano ha visto i funzionari di Qatar e Turchia, indicati come i due principali alleati di Hamas. Lo stesso Haaretz, quotidiano israeliano di posizioni liberal, ha attaccato Kerry sostenendo che “sarebbe stato il responsabile per ogni altra goccia di sangue versato”. Uno smacco per Kerry, scrive il Financial Times, che da quando è entrato in politica 30 anni fa si è sempre presentato come un amico di Israele. Washington sulla questione palestinese sembra avere un approccio diverso rispetto al passato, vuole discutere con Hamas attraverso la mediazione di Qatar e Turchia.

Gli Stati Uniti hanno inserito Hamas tra i gruppi terroristici, credono che il conflitto sia in parte dovuto alla pesante situazione economica della Palestina. Hamas per gli Stati Uniti è anche fonte di stabilità all’interno della Striscia di Gaza. “Se Hamas se ne andasse, potremmo dover affrontare qualcosa di molto peggiore”, ha detto il Pentagono lo scorso weekend. Una notizia che Israele non ha accettato assolutamente, lo stato ebraico considera Hamas un nemico da annientare mentre il timore di Washington è che un eventuale vuoto di potere potrebbe essere colmato da gruppi più radicali come i militanti sunniti dell’Isis che continuano a aumentare il loro potere in Iraq e in Siria.

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