Una vita per il cosmo
Presentato in anteprima al film festival di Toronto, The Theory of Everything, lungometraggio biografico sul fisico Stephen Hawking, ha riscosso molti consensi.
Lo scienziato britannico, costretto da anni a un’ immobilità quasi totale da una grave malattia, è famoso oltre che per i suoi studi di cosmologia, anche come autore di libri diventati best sellers, che ne hanno fatto un’ icona della divulgazione scientifica.
Non a caso il titolo del film riprende quello di uno dei suoi testi più significativi.
Nelle pagine della Teoria del Tutto, Hawking trae spunto da alcune lezioni tenute all’ università di Cambridge per delineare l’ orizzonte della scienza nei prossimi anni. La cui meta, secondo lo scienziato britannico, è l’ elaborazione di una teoria unificata sulle leggi che governano il cosmo.
Alla ricerca di questa madre di tutte le teorie, aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita anche uno dei più grandi scienziati del XX° secolo, Albert Einstein.
Ricostruire concettualmente il legame fra le grandi forze della natura è una sorta di gioco delle scatole cinesi, dove l’ ultima, o presunta tale, una volta aperta ha sempre riservato delle sorprese.
Nel suo libro Hawking è comunque fiducioso: “Penso che ci siano buone probabilità che lo studio dell’ universo primordiale e i requisiti di consistenza matematica ci possano condurre, entro la fine del secolo, a una teoria unificata completa (sempre ammesso che non ci facciamo saltare in aria prima)”.
Verso questo Eldorado della fisica è stato recentemente compiuto un passo importante con l’ agognata scoperta del bosone di Higgs.
Fiore all’ occhiello dal Large Hadron Collider, il gigantesco acceleratore di particelle del Cern di Ginevra dove è stato scoperto, il nuovo arrivato, prontamente battezzato da chi era in preda ad ardore mistico la particella di Dio, secondo Hawking potrebbe, in linea teorica, giocare qualche brutto scherzo.
A livelli di energia molto alti, sostiene il fisico inglese, il bosone rischia di diventare instabile, dando il via a un “catastrofico decadimento del vuoto” con conseguente collasso del tempo e dello spazio.
Un’ apocalisse cosmica che prenderebbe il via da un minuscolo pianeta, orbitante attorno a una modesta stella nell’ hinterland di una galassia fra le tante. Insomma una bella responsabilità per noi terrestri.
Fortunatamente la creazione artigianale di questo maelstrom pronto a ingoiare tutto e tutti è piuttosto improbabile. Come precisa Hawking, le energie necessarie per avviare una reazione del genere sono infinitamente superiori a quelle che la nostra tecnologia permette di sviluppare. Per intenderci sarebbe necessario un acceleratore di particelle grande quanto il nostro sistema solare e, sottolinea ironicamente lo scienziato, è improbabile che si possano ottenere i finanziamenti per realizzarlo nella congiuntura economica attuale.